Tra parole e immagini: "Assassinio sull'Orient Express" di Agatha Christie
Autore: Agatha Christie
Titolo: Assassinio sull'Orient Express
Titolo originale: Murder on the Orient Express
Edizione: Mondadori, 2017
Traduzione: Lidia Zazo
Tempo di lettura: un volo di ritorno da Stoccolma, 3 ore.
Recensione:
Nel momento in cui ho preso in mano questo libro era quasi un anno che mi ero riproposta di leggere di nuovo Agatha Christie. Ad agosto dell'anno scorso con C'è un cadavere in biblioteca e Miss Marple, la primissima avventura con l'autrice. Quest'anno, invece, ho puntato tutto su un'altra creazione della Christie, Hercule Poirot. E quale modo migliore di iniziare questa nuova avventura se non con uno dei suoi libri più famosi?
Assassinio sull'Orient Express è un giallo particolare se si considera alla stregua degli altri romanzi di investigazione scritti da Agatha Christie. Hercule Poirot, investigatore belga dall'aspetto bizzarro e i modi altrettanto fuori dal tempo, si ritrova bloccato sull'Orient Express in direzione Calais in compagnia di apparenti sconosciuti e...un morto. L'investigatore viene incastrato nell'indagine e contribuisce ad evitare complicazioni con la polizia ufficiale.
Il primo aspetto che colpisce del romanzo è sicuramente la preparazione degli eventi: nelle prime pagine si percepisce già un'atmosfera particolare, importante e molto evocativa.
La prima parte del romanzo, devo ammettere, è forse fin troppo lineare e a tratti risulta più noiosa della seconda. La causa è, sicuramente, la ricostruzione dei fatti e delle testimonianze dei passeggeri del vagone per Calais. In questa prima parte si nota sicuramente la capacità di Agatha Christie di tenere il lettore incollato alla pagina. La narrazione non cade mai nella banalità o nella ripetizione fine a se stessa.
Le ripetizioni, un aspetto che viene spesso criticato alla scrittrice, mi sono sembrate utili all'economia del testo e non del tutto casuali. Mi è sembrata un tipo di tecnica preparatoria alla dimostrazione dell'abilità investigativa di Poirot.
Assassinio sull'Orient Express, infatti, è un giallo bilanciato che non manca di colpi di scena. Oserei quasi dire che è un tipo di romanzo silenzioso, per lo meno nella prima parte in cui ad essere silenzioso è anche Hercule Poirot. Agatha Christie fa sì che il lettore possa osservare i fatti con obiettività ma coglie anche l'occasione per depistarlo. Proprio l'oggettività dei fatti, riportati da una terza persona e confermati, sotto un ambiguo silenzio, da Poirot, fanno sì che il lettore si affidi e si fidi completamente del narratore.
La Christie bara fino alla fine e si diverte, perché la soluzione è banale ma viene portata al lettore nel corso del romanzo con imbrogli e depistaggi.
Con un tipo di scrittura semplice e direi anche educata - ricordiamoci che la Christie è pur sempre british - l'autrice riesce ad inserire anche un discorso morale molto profondo ma non pesante sulla cultura, i valori e il suo presente. Forte sostenitrice dell'età Vittoriana, Agatha Christie avrebbe voluto auspicare forse al ritorno di alcuni valori che con il tempo erano andati perduti
Non c'è bisogno di rivelare il finale per sottolineare l'importanza di questa forte critica, perché si capisce anche dal primo depistaggio al lettore: il titolo.
Come ci viene spiegato da Oreste del Buono nella prefazione l'Orient Express del romanzo non è lo stesso a cui l'autrice si ispira ma una copia del nuovo secolo. Si tratta del Simplon Orient Express, datato 1919 e non 1883 come il suo predecessore. I personaggi che salgono su questa copia non sono che anch'essi la copia di una società ormai logora, in cui la giustizia, ulteriore centro di critica, non esiste.
Se leggerai il romanzo scoprirai con piacere verso chi viene indirizzata questa giustizia. Nel caso lo avessi già letto, allora avrai sicuramente capito.
La scrittura incentrata principalmente sui dialoghi, la cornice sociale e l'ambiente, seppur poco sviluppato, in cui si svolge la vicenda mettono sicuramente in mostra la grande capacità di osservazione della realtà dell'autrice.
L'importanza viene data all'intreccio e non ai singoli personaggi, i quali finiscono per essere delle vere e proprie pedine in mano all'autrice. La Christie non avrà costruito grandi scenari, intrecci cervellotici o personaggi molto sviluppati, ma ha saputo creare un romanzo - e non solo uno - coerente e lineare. La semplicità non sfocia sempre nella banalità e Agatha Christie ne è l'esempio.
Sullo schermo...
La prima trasposizione sullo schermo di questo romanzo è, probabilmente, la più famosa. Si tratta della versione del 1974 sotto la regia di Sidney Lumet, con Albert Finney nei panni di Poirot e attori di grande calibro come Lauren Bacall, Ingrid Bergman, Sean Connery e Vanessa Redgrave. Non nascondo che questa è stata la versione che ho apprezzato di più e per varie ragioni.
Prima tra tutte, la fedeltà al libro: si sa che spesso e volentieri le trasposizioni cinematografiche di romanzi, per rispondere ad esigenze legate ad un altro tipo di "messa in scena", perdono le parti più importanti del libro. Non è questo il caso, per fortuna, perché questo film segue con attenzione ogni particolare del libro e rispetta, a mio parere, anche il tono che Agatha Christie gli ha dato.
Come ho già scritto, infatti, la rappresentazione dei fatti nei romanzi dell'autrice inglese è molto semplice, non pretenziosa e molto lineare. Ho apprezzato moltissimo che nel film si sia rispettata la semplicità originaria del romanzo.
Un'altra caratteristica a favore sono i personaggi: Albert Finney nei panni di Hercule Poirot è perfetto, rappresenta egregiamente l'investigatore belga rimanendo fedele a tutte le caratteristiche che lo hanno fatto entrare nell'immaginario comune: baffi sempre curati, panciotto di chi adora mangiare buon cibo, attenzione discreta e non invadente per i dettagli e l'immancabile ironia che lo caratterizza.
Il secondo film che ho visto fa parte della serie televisiva Poirot del 2010 e mi ha delusa sin dalle prime battute. La causa principale sta sicuramente nella durata, 90 minuti, troppo breve a confronto con la versione del '74 di più di due ore. Il taglio è stato fatto per esigenze più che comprensibili visto il contesto di distribuzione del film, ma ha causato dei buchi abbastanza importanti nella trama che non mi sono piaciuti.
Il problema, paradossalmente, è che questi tagli hanno reso il resto delle scene estremamente noiose perché silenziose e troppo lunghe. Anche il tono dell'intero film non aiuta la fruizione, vista la cupezza e la pesantezza di alcune scene. Il problema non si porrebbe se il film fosse una produzione indipendente dal libro, ma dal momento in cui è basato proprio su quest'ultimo mi sarei aspettata la fedeltà presente nella versione di Lumet.
Parliamoci chiaro, i libri di Agatha Christie non hanno toni pesanti né tanto meno troppo cupi ed è proprio questa caratteristica che li rende godibili dall'inizio alla fine e che, non rispettandola, ha reso noioso il film. Inoltre, c'è un Poirot esageratamente tormentato, triste e sempre furioso con il mondo che a confronto con quello del libro sembra un nuovo personaggio di zecca.
Ma arriviamo a ciò che mi è piaciuto di meno, il finale: ti renderai conto leggendo il romanzo che il finale ha un senso specifico ed è ben organizzato, soprattutto rispetto a quel discorso sulla giustizia di cui ho parlato qualche riga fa. Nel film questo senso viene completamente stravolto e il finale allungato seguendo la solita scia di pesantezza che non fa per niente giustizia al romanzo.
La prima trasposizione sullo schermo di questo romanzo è, probabilmente, la più famosa. Si tratta della versione del 1974 sotto la regia di Sidney Lumet, con Albert Finney nei panni di Poirot e attori di grande calibro come Lauren Bacall, Ingrid Bergman, Sean Connery e Vanessa Redgrave. Non nascondo che questa è stata la versione che ho apprezzato di più e per varie ragioni.
Prima tra tutte, la fedeltà al libro: si sa che spesso e volentieri le trasposizioni cinematografiche di romanzi, per rispondere ad esigenze legate ad un altro tipo di "messa in scena", perdono le parti più importanti del libro. Non è questo il caso, per fortuna, perché questo film segue con attenzione ogni particolare del libro e rispetta, a mio parere, anche il tono che Agatha Christie gli ha dato.
Come ho già scritto, infatti, la rappresentazione dei fatti nei romanzi dell'autrice inglese è molto semplice, non pretenziosa e molto lineare. Ho apprezzato moltissimo che nel film si sia rispettata la semplicità originaria del romanzo.
Un'altra caratteristica a favore sono i personaggi: Albert Finney nei panni di Hercule Poirot è perfetto, rappresenta egregiamente l'investigatore belga rimanendo fedele a tutte le caratteristiche che lo hanno fatto entrare nell'immaginario comune: baffi sempre curati, panciotto di chi adora mangiare buon cibo, attenzione discreta e non invadente per i dettagli e l'immancabile ironia che lo caratterizza.
Il secondo film che ho visto fa parte della serie televisiva Poirot del 2010 e mi ha delusa sin dalle prime battute. La causa principale sta sicuramente nella durata, 90 minuti, troppo breve a confronto con la versione del '74 di più di due ore. Il taglio è stato fatto per esigenze più che comprensibili visto il contesto di distribuzione del film, ma ha causato dei buchi abbastanza importanti nella trama che non mi sono piaciuti.
Il problema, paradossalmente, è che questi tagli hanno reso il resto delle scene estremamente noiose perché silenziose e troppo lunghe. Anche il tono dell'intero film non aiuta la fruizione, vista la cupezza e la pesantezza di alcune scene. Il problema non si porrebbe se il film fosse una produzione indipendente dal libro, ma dal momento in cui è basato proprio su quest'ultimo mi sarei aspettata la fedeltà presente nella versione di Lumet.
Parliamoci chiaro, i libri di Agatha Christie non hanno toni pesanti né tanto meno troppo cupi ed è proprio questa caratteristica che li rende godibili dall'inizio alla fine e che, non rispettandola, ha reso noioso il film. Inoltre, c'è un Poirot esageratamente tormentato, triste e sempre furioso con il mondo che a confronto con quello del libro sembra un nuovo personaggio di zecca.
Ma arriviamo a ciò che mi è piaciuto di meno, il finale: ti renderai conto leggendo il romanzo che il finale ha un senso specifico ed è ben organizzato, soprattutto rispetto a quel discorso sulla giustizia di cui ho parlato qualche riga fa. Nel film questo senso viene completamente stravolto e il finale allungato seguendo la solita scia di pesantezza che non fa per niente giustizia al romanzo.
Aspetto con ansia un'altra versione cinematografica che uscirà in Italia a dicembre, sotto le regia di Kenneth Branagh (che intrepreterà proprio Poirot). Ti farò sapere a tempo debito.
Grazie per avermi letto di nuovo, alla prossima!
Francesca, Le ore dentro ai libri.
Ciao Francesca :D Io l'ho letto svariati anni fa, alle medie ero in fissa con i gialli! Però non mi ricordo molto come va a finire quindi forse mi dedicherò a una rilettura prima o dopo il film, che sicuramente andrò a vedere!!
RispondiEliminaCiao Silvia! A me è piaciuto moltissimo come avrai sicuramente capito dall'articolo ahahah...se non ti disturba leggere i libri dopo aver visto i film allora puoi fare con calma, tanto il prossimo uscirà verso gli inizi di dicembre. La soluzione del delitto è la parte più bella del libro!
EliminaBuona giornata :D