Prendersi cura della lingua con "Potere alle parole" di Vera Gheno.
Sono sempre stata convinta che le parole abbiano una certa importanza: il modo in cui le usiamo, il tono con il quale diamo loro voce e le infinite possibilità espressive che da esse possiamo trarre quotidianamente sono solo alcuni dei punti su cui si potrebbe riflettere per ore. Paradossalmente, al desiderio di migliorare le mie competenze linguistiche su tutti i fronti corrisponde una capacità innata di fare figuracce dicendo parole per altre – vi ho mai raccontato di quando su una recensione scrissi che un ristorante mi era sembrato un po’ “fatiscente” quando intendevo che fosse solo un po’ “vistoso”?
Anche se il mio non voleva essere proprio un gran complimento, i sensi di colpa per quel povero ristoratore mi perseguitano ancora oggi, ma di esempi potrei farne davvero tanti e credo ne abbiate anche voi un numero considerevole nascosto da qualche parte. Uno dei libri con cui mi sono dilettata quest’estate in piena sessione d’esami, mi ha aiutato a capire un po’ meglio non solo che certe figuracce sono più comuni di quanto si pensi, ma soprattutto che si può lavorare affinché accadano con sempre meno frequenza.
Non credo di aver mai letto un saggio divulgativo di questo tipo: conciso e chiaro nell’esposizione tanto quanto nel messaggio che vuole portare a chi ha preso coraggio e ha iniziato a leggere. Infatti, chiunque può rendersi conto dalla prima pagina che Vera Gheno è ben lontana dall’immagine mitica e paurosa del Linguista che, forse, abbiamo sempre avuto un po’ tutti (ascoltarla dal vivo, poi, è una sorpresa ancora migliore).
Vera Gheno è capace di rendere piacevole e soprattutto accessibile anche alla persona più distante della materia un argomento tanto ostico come quello della linguistica e della riflessione sulla lingua. I motivi per cui questi discorsi risultano lontani dall’interesse comune sono tanti e diversi quanto i motivi per cui la sociolinguista riesce a renderli semplici, interessanti e anche divertenti.
È lei stessa ad affrontare un tasto dolente per tanti – me compresa – per cui è difficilissimo accettare non solo di poter sbagliare ma anche di poter cambiare anche nelle proprie competenze linguistiche. Non si tratta di essere “professoroni” della lingua e nemmeno “whateveristi” (termine coniato da Naomi Baron per parlare dello scarso interesse per la forma della comunicazione), ma di essere consapevoli del proprio strumento linguistico. L’obiettivo del saggio di Gheno non è insegnare a comunicare correttamente, quanto proporre una riflessione collettiva sul modo in cui usiamo quotidianamente il linguaggio. Nel libro si parla di situazioni comuni in cui tutti noi ci troviamo a muoverci ogni giorno.
Gli spunti di riflessione sulla responsabilità di noi parlanti nel creare e mantenere viva la lingua sono forse il regalo più bello che Vera Gheno possa fare a chi legge il suo libro. Nel parlare dei grammarnazi, di piuttosto che usati nel modo sbagliato, nel ruolo che i giovani e l’inglese hanno nel modificare apparentemente la lingua, Gheno risponde a una serie di domande che ci poniamo tutti, o meglio, tutti coloro che si chiedono se stiano usando le parole giuste.
Inizialmente la conclusione delle riflessioni dell'autrice lascia un po’ l’amaro in bocca, ma risulta essere un gran consiglio alla fine: noi tutti siamo responsabili nel preservare la lingua nel nostro piccolo spazio individuale, ma è proprio in quest’ultimo luogo non fisico che possiamo migliorare la consapevolezza dell’uso che facciamo della lingua influenzando positivamente chi ci sta attorno.
Con Potere alle parole Vera Gheno si rivela proprio l’esperta di cui abbiamo bisogno, ovvero una sociolinguista capace di accorciare le distanze tra una materia spesso poco considerata e un dibattito collettivo sulla lingua al quale tutti noi dobbiamo prendere parte.
Anche se il mio non voleva essere proprio un gran complimento, i sensi di colpa per quel povero ristoratore mi perseguitano ancora oggi, ma di esempi potrei farne davvero tanti e credo ne abbiate anche voi un numero considerevole nascosto da qualche parte. Uno dei libri con cui mi sono dilettata quest’estate in piena sessione d’esami, mi ha aiutato a capire un po’ meglio non solo che certe figuracce sono più comuni di quanto si pensi, ma soprattutto che si può lavorare affinché accadano con sempre meno frequenza.
Un saggio sulla lingua che riguarda noi.
Potere alle parole è un saggio divulgativo sulla lingua, ma non si tratta del solito librone in cui ci viene spiegato perentoriamente come dovremmo parlare. Al di là del fatto che ci troviamo di fronte a un libro di poco più di centocinquanta pagine, con il saggio di Vera Gheno, sociolinguista che ha collaborato con l’Accademia della Crusca e con Zanichelli, le parole noia e paura dell’argomento perdono il loro potere. Ironico con un titolo del genere, vero?Non credo di aver mai letto un saggio divulgativo di questo tipo: conciso e chiaro nell’esposizione tanto quanto nel messaggio che vuole portare a chi ha preso coraggio e ha iniziato a leggere. Infatti, chiunque può rendersi conto dalla prima pagina che Vera Gheno è ben lontana dall’immagine mitica e paurosa del Linguista che, forse, abbiamo sempre avuto un po’ tutti (ascoltarla dal vivo, poi, è una sorpresa ancora migliore).
Vera Gheno è capace di rendere piacevole e soprattutto accessibile anche alla persona più distante della materia un argomento tanto ostico come quello della linguistica e della riflessione sulla lingua. I motivi per cui questi discorsi risultano lontani dall’interesse comune sono tanti e diversi quanto i motivi per cui la sociolinguista riesce a renderli semplici, interessanti e anche divertenti.
È lei stessa ad affrontare un tasto dolente per tanti – me compresa – per cui è difficilissimo accettare non solo di poter sbagliare ma anche di poter cambiare anche nelle proprie competenze linguistiche. Non si tratta di essere “professoroni” della lingua e nemmeno “whateveristi” (termine coniato da Naomi Baron per parlare dello scarso interesse per la forma della comunicazione), ma di essere consapevoli del proprio strumento linguistico. L’obiettivo del saggio di Gheno non è insegnare a comunicare correttamente, quanto proporre una riflessione collettiva sul modo in cui usiamo quotidianamente il linguaggio. Nel libro si parla di situazioni comuni in cui tutti noi ci troviamo a muoverci ogni giorno.
“Un uomo apre, con trepidazione, una busta che contiene l’atteso referto medico. Legge che il risultato è negativo, ma non riesce a capire se esserne sollevato o se si deve preoccupare. […] Un cittadino, nella cabina elettorale, fissa con perplessità la scheda referendaria davanti a lui: non capisce il quesito, e di conseguenza non riesce a decidere se per esprimere la sua opinione deve barrare il ‘sì’ o il ‘no’. Una signora riceve una contravvenzione per essere entrata con l’automobile in una zona a traffico limitato. Eppure, il cartello luminoso oltre cui era passata, sicura di avere il via libera, diceva ‘varco attivo’.”
I falsi miti dell'educazione linguistica da sfatare.
L’autrice tocca argomenti “caldi” nel dibattito pubblico – e aggiungerei anche animalesco, a volte – che riguardano la lingua, il modo in cui ci mettiamo in rapporto con essa e la bistrattiamo non solo usandola male ma anche tentando di salvarla anche a scapito del suo inevitabile cambiamento. Nel libro vengono affrontati i “falsi miti dell’educazione linguistica”, che ci portano a pensare in due modi opposti: da una parte troviamo “disdicevole” parlare il dialetto in qualsiasi circostanza o tendiamo a correggere gli altri per il bene del “io l’ho imparato così” credendo in una sola lingua corretta; dall’altra, invece, ci appropriamo indistintamente di parole non italiane quando quelle parole già esistono nella nostra lingua (“weekend” vi dice qualcosa? Che fine ha fatto il nostro caro “finesettimana”?) o ne usiamo altre senza mai considerare il loro contesto d’uso. Non c’è una direzione più giusta dell’altra, tanto meno se ci dimentichiamo dell’importanza di continuare a riflettere sulla lingua anche individualmente.“Usare bene la lingua, oggi più che mai, non è una posa, non è un vezzo da ‘professorone’, ma una necessità per tutti”
Gli spunti di riflessione sulla responsabilità di noi parlanti nel creare e mantenere viva la lingua sono forse il regalo più bello che Vera Gheno possa fare a chi legge il suo libro. Nel parlare dei grammarnazi, di piuttosto che usati nel modo sbagliato, nel ruolo che i giovani e l’inglese hanno nel modificare apparentemente la lingua, Gheno risponde a una serie di domande che ci poniamo tutti, o meglio, tutti coloro che si chiedono se stiano usando le parole giuste.
La parola chiave: curiosità.
Avere la curiosità di scoprire la propria lingua e di impararne di altre è il concetto chiave delle riflessioni di Vera Gheno in Potere alle parole, perché “più parole conosciamo, più siamo liberi di muoverci sopra la tastiera dell’espressione linguistica”. Le risposte di Vera Gheno non sono quelle di cui avremmo bisogno, ovvero delle rassicurazioni sul fatto che parliamo bene – quelle prescrizioni in stile ricetta del medico ma sulla lingua -, bensì ci invitano a una riflessione collettiva da una parte e individuale dall’altra sul nostro rapporto quotidiano con l’italiano, ricordandoci che "la vera libertà di una persona passa dalla conquista delle parole: più siamo competenti nel padroneggiarle […], più sarà completa e soddisfacente la nostra partecipazione alla società della comunicazione.”.Inizialmente la conclusione delle riflessioni dell'autrice lascia un po’ l’amaro in bocca, ma risulta essere un gran consiglio alla fine: noi tutti siamo responsabili nel preservare la lingua nel nostro piccolo spazio individuale, ma è proprio in quest’ultimo luogo non fisico che possiamo migliorare la consapevolezza dell’uso che facciamo della lingua influenzando positivamente chi ci sta attorno.
Con Potere alle parole Vera Gheno si rivela proprio l’esperta di cui abbiamo bisogno, ovvero una sociolinguista capace di accorciare le distanze tra una materia spesso poco considerata e un dibattito collettivo sulla lingua al quale tutti noi dobbiamo prendere parte.
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